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Più di trent’anni di storia di Venezia, ma anche di Marghera, raccontati sui ritmi del Sud America. L’orchestra (come amano definirsi), fondata nel 1985, ha avuto l’intuizione di sposare il dialetto veneziano con mambo, salsa, merengue e sòn: come recita il testo di una loro recente canzone, il sudamericàn deventa veneziàn. Il lavoro maggiore è stato fatto nel tratteggiare le peculiarità non solo della città di Venezia e delle sue contraddizioni, ma degli usi e costumi della società locale, dell’amore, le manie, i vizi e le piccolezze degli amati protagonisti: i veneziani. I dieci componenti dei Batisto hanno attraversato musicalmente e con i loro testi – con disincantata ironia – 30 anni di fenomeni di costume, scherzandoci su. Brani ironici e realisti, che raccontano l’amore per la città, il loro tema più devotamente passionale (Acqua Alta, Belzebù), per la laguna (Barena, El Pescaor, E mi me ne so’ ‘ndao) ma anche “profetici” come Ghe xe tutti che dixe che sembrava anticipare i fatti del Mose, intervallati con riflessioni scanzonate sulle tecnologie (El telefonin e Feisbùk).
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