Marco Castelli (sax soprano e tenore)
Marco Ponchiroli (pianoforte)

“Songs for a Desert Island” è un disco di una qualità non comune che, pubblicato qualche mese fa da Caligola Records, viene presentato per la prima volta nella terraferma veneziana, ed il luogo prescelto è lo storico jazz club Al Vapore di Marghera. Il sassofonista Marco Castelli – impegnato in quest’occasione più al sax soprano che non al tenore – ed il pianista Marco Ponchiroli, entrambi veneziani e da almeno trent’anni esponenti di primo piano del jazz di casa nostra, con un gran numero di dischi da leader e prestigiose collaborazioni alle spalle, hanno qui intrapreso un suggestivo viaggio in duo tra grandi compositori americani ed europei del XIX° e XX° secolo. Sono esecuzioni che rivelano sia due forti personalità artistiche che un’affinità elettiva maturata in numerose collaborazioni e progetti comuni.

Si passa così, con la massima disinvoltura, da Beethoven a Chopin, da Tchaikowski a Schumann, da Skrjabin a Verdi, da Händel a Ellington, da Jobim a Piazzolla, da Morricone a John Williams. È un jazz evocativo e lirico quello dei due talentuosi jazzisti, che non teme di prendere in prestito brani dalla tradizione classica europea, da celebri colonne sonore o dalla grande musica sudamericana, con un’unica eccezione, rappresentata dal magnifico quanto poco utilizzato tema ellingtoniano di Azure, impreziosito da una torrenziale introduzione pianistica di Ponchiroli. Ma forti emozioni, che riportano alla mente il miglior Gato Barbieri, sa suscitare anche il profondo sax tenore di Castelli in Deborah’s Theme, motivo conduttore della celebre colonna di “C’era una volta in America”. “Songs for a Desert Island” è in definitiva una produzione equilibrata, frutto della ricerca di una dimensione sonora ed espressiva coerenti, che annulla le differenze di spazio, epoca e genere dei brani prescelti, introducendo nell’esecuzione continue variazioni di elementi armonici, ritmici e narrativi, sempre ispirate, mai gratuite o di maniera. È un album da custodire gelosamente e portare con sé, ognuno nella propria isola deserta.