
Energia e rischio chiusura. Occorre l’intervento dello Stato.
“Per riuscire a coprire i costi delle bollette dovremmo raddoppiare i prezzi”, ci diciamo ultimamente tra colleghi, aggiungendo subito “…e poi chi verrebbe ancora da noi?”
Sono le regole del mercato. Valgono per la maggior parte delle imprese ma non per quelle dell’energia.
Molti conoscono Adam Smith, scozzese, padre del libero mercato con la sua “mano invisibile” (1776) ma soprattutto Vilfredo Pareto, economista e sociologo italiano che verso la fine dell’800 descrive le condizioni (paretiane appunto) indispensabili al corretto funzionamento del sistema. Tra queste c’è la partecipazione di soggetti non in grado di influenzare i prezzi (price takers) pena il fallimento del mercato.
È una regola importante, entrata a pieno titolo in tutti i sistemi concorrenziali occidentali che giustifica, in caso di violazione, un intervento dello Stato. Multe miliardarie inflitte dagli Antitrust per “posizioni dominanti”, cercano infatti di arginare la crescita di colossi planetari come Amazon, Google, Facebook, Twitter, Netflix. Sono le punte di un iceberg in cui convivono anche Gazprom, Eni, Enel, Shell, Goldman Sachs, Morgan Stanley, produttori e intermediari dell’energia in grado di influire e speculare sui prezzi (price makers), realizzando enormi extraprofitti. Questi ultimi sono anche gli operatori del TTF, (Title Transfer Facility) sul quale sono ancorate le nostre bollette, mercato virtuale di Amsterdam posseduto e gestito dalla Intercontinental Exchange (ICE), altra grande corporation americana proprietaria della borsa di New York.
Si tratta di una situazione paradossale che, oltre a mettere in luce possibili conflitti di interesse, disegna, come abbiamo visto, un caso di violazione di una regola basilare della concorrenza.
Nonostante ciò alcuni paesi, come l’Olanda, si oppongono ancora alla necessità di stabilire dei prezzi massimi del gas. Anche Arera, autorità di controllo dell’energia italiana, che dovrebbe intervenire assicurando prezzi equi di riferimento per proteggerci, continua a rimandare la decisione con effetti opposti e ulteriori danni per cittadini e imprese.
La situazione resta molto intricata e complessa. Difficile capire i motivi reali e soprattutto i giochi geopolitici che si nascondono dietro a questa crisi innescata anche – ma non solo – dalla guerra e dal taglio del gas Gazprom.
Una cosa però è certa, i problemi sono nati molto tempo prima. Introducendo il libero mercato per l’energia (anni 90), e ammettendo a pieno titolo le grandi corporation, si è accettata una convivenza irregolare e potenzialmente pericolosa per l’ equilibrio economico.
Baristi, ristoratori, piccole imprese, tantissime attività come la nostra infatti non possono trasferire sui prezzi finali il peso delle bollette e rischiano di chiudere.
Solo Arera e il governo possono intervenire, cambiando il sistema di determinazione dei prezzi (alias TTF), tassando e multando i monopolisti per recuperare subito risorse vitali ( Eni ed Enel fra tutti!).
La situazione generale è davvero ai limiti. È come se in un campionato di calcio solo alcune squadre aumentassero a dismisura i loro giocatori in campo e le altre dovessero continuare a giocare regolarmente in 11 davanti ad arbitri impassibili. Le partite non avrebbero storia.
Inutile aggiungere da che parte stiamo tutti noi, ancora in campo, senza fiato, in attesa che gli arbitri si decidano ad intervenire.